
Come smettere di avere paura?
Qualche tempo fa ho incontrato un cliente per una sessione di coaching e il cliente mi ha chiesto aiuto per non avere più paura. Paura di un sacco di cose, dal prendere un aereo al rimanere a casa da solo, passando per molte altre paure che gli limitano la vita e gli impedivano di fare ciò che desiderava.
Ciò che mi ha impressionato è la quantità di lavoro che aveva già fatto per superare questa situazione. Aveva letto un sacco di libri, provato molte tecniche, lavorato con diversi terapisti e quindi chiamava le paure fobie, sapeva che derivavano dal suo pensiero e ci combatteva da molti anni. Si sentiva sbagliato, in qualche modo riteneva di dover essere aggiustato e soprattutto si credeva fallato, sentendosi quindi solo e diverso. Nulla di tutto quello che aveva fatto aveva risolto il problema.
Come funziona realmente?
Inizialmente faticavo a capacitarmi di come nessuno avesse tentato di aiutarlo a vedere la cosa più semplice in tutta questa situazione, il fatto che quelle paure non fossero fatte di mattoni e cemento, non fossero qualcosa di reale e concreto. Tutto il lavoro fatto precedentemente aveva in qualche modo solidificato la convinzione che quelle paure fossero si pensieri, ma talmente reali e concreti che potessero fargli del male.
Intendiamoci, non sto dicendo che per lui non fossero reali, li percepiva reali, ma era convinto di doverle smantellare una ad una con uno sforzo immane proprio come se ogni paura o fobia, come la chiamava lui, fosse una montagna rocciosa da distruggere con martello e scalpello.
Ho provato grande tenerezza e comprensione. Capivo cosa avveniva in lui, non capivo perché nessuno gli avesse mostrato che quelle montagne non erano fatte di roccia.
Nel venire a fare la prima sessione di coaching con me si aspettava di imparare tecniche per sostituire pensieri negativi con pensieri positivi, per eliminare immagini dalla sua testa che lo portavano dentro ad una spirale discendente di tristezza e tormento. Ciò che abbiamo fatto, invece, è stato quello di vedere come ogni singolo essere umano sulla terra pensa, sente il proprio pensiero e da forza a quei pensieri con l’energia vitale di cui è fatto.
I punti fondamentali che ho voluto mostrargli e che vorrei ribadire anche qui a voi sono:
√ Tutti gli esseri umani pensano sempre, in continuazione.
√ Ogni pensiero a cui diamo attenzione lo sentiamo come vero, ne sentiamo le sensazioni fisiche.
√ Non siamo costretti a credere ad ogni nostro pensiero.
√ Le sensazioni non sono un segnale che siamo in pericolo, sono sempre e solo un segnale della qualità del nostro pensiero. Le sensazioni ci indicano il grado di affidabilità del nostro pensiero ed è grazie alle emozioni che proviamo che possiamo sapere quando ascoltare un pensiero e quando possiamo ignorarlo alla stessa stregua di un brutto sogno.
√ Non è il mondo reale a crearci una sensazione, bensì è il nostro pensiero su qualcosa che accade nel mondo reale a darci quella sensazione e quel pensiero è solo uno dei milioni di pensieri che potremmo avere sulla stessa cosa.
Alcuni di questi punti li abbiamo già affrontati in articoli precedenti come ad esempio la sensazione come spia che ci indica il grado di affidabilità dei pensieri o il pensiero che genera le nostre sensazioni.
Quello su cui vorrei soffermarmi oggi è una riflessione che ho fatto durante quella sessione:
Il pulsante per spegnere i pensieri non esiste
L’equazione in effetti viene spontanea, se sono i pensieri che ti creano brutte sensazioni, se sono i pensieri che ti tengono sveglio la notte, se sono i pensieri che ti rendono ansioso, triste, sopraffatto, se sono i pensieri che ti creano tutti questi problemi, smetti di pensare.
Ed ecco che tutti noi una volta nella vita abbiamo desiderato avere il pulsante on-off dei pensieri, per prenderci una pausa da quel brusio mentale. Ma se veramente fosse servito, pensate che l’Ingegnere che ha progettato l’essere umano non lo avrebbe previsto? Così come ha previsto che il nostro corpo si addormenti prima o poi, così come ha previsto che mentre dormiamo si spenga la connessione tra pensiero e movimento, così come ha previsto tanti altri meccanismi, pensate che non avrebbe potuto prevedere anche lo spegnimento automatico dei pensieri? E invece no, lo spegnimento dei pensieri non è previsto neppure durante la notte, il pensiero continua a fluire, abbiamo solo deciso di chiamarlo diversamente noi, sogno o incubo in base al grado di piacere che questi pensieri ci procurano mentre dormiamo, ma ci sono sempre.
Che cosa fare con il continuo fluire dei pensieri?
Si lasciano fluire. Si perché il nostro problema non è il troppo pensare, siamo stati progettati per vivere la vita attraverso il nostro pensiero, quindi se spegnessimo i pensieri spegneremmo la vita, il punto fondamentale è non bloccarli.
Ciò che ci crea problemi generalmente non è il pensare, ma il prestare tanta attenzione a tutti i pensieri che fluiscono nella nostra mente.
Il pensiero non è altro che un film che noi stessi creiamo nella nostra testa. Se il film è romantico, proviamo sensazioni romantiche nel guardarlo, se il film è di terrore, proviamo sensazioni di paura nel guardarlo.
Provate ad accendere la TV e a lasciare che il film scorra in Tv senza prestarci molta attenzione, cosa accade? Non sentirete certamente le stesse sensazioni di quando siete al cinema a guardarlo (e questa non è una novità, la PNL è da un po’ che usa tecniche per fare questo). Ma a chi di voi, guardando un film horror viene il desiderio di bloccare il filmato su una scena particolarmente truculenta, paurosa e poi di ingrandirlo, di aumentare il volume di sottofondo di quella scena, di continuare ad osservarla sentendo la paura aumentare sempre di più? A nessuno a meno che non abbia voglia di provare quelle emozioni. Ecco, noi però facciamo esattamente questo con i nostri pensieri.
Ecco allora che la Programmazione Neuroliguistica ha ragione, mi direte, con le tecniche delle submodalità ecc. C’è solo un particolare, ne a me ne a voi servono le tecniche, se comprendete come funziona l’essere umano.
La consapevolezza è l’unica soluzione definitiva
Se non presto attenzione al film che mi passa in quel momento per la testa, la pellicola continua a scorrere e poi finisce. Se poi so che è un film e non è realtà, posso anche continuare a guardarlo senza esserne particolarmente coinvolta. Se so che sono io a proiettare il film, posso anche sentirmi libera di non guardare quel film, se non mi piace, oppure di godere delle emozioni che mi da, senza dover per forza reagire a quelle sensazioni.
Spesso però le persone che vengono coinvolte dai loro pensieri, come il caso del mio cliente, non sono consapevoli che ciò che stanno vivendo è solo un film, creato da loro stessi e reso ancora più vivido dalla loro attenzione.
Il diventare consapevoli che il pensiero è un film e non è la realtà, che è un’illusione che ognuno di noi crea in modo arbitrario e non è il mondo vero, che è una delle tante possibilità che abbiamo di vedere e interpretare ciò che è, e non è l’unica Verità assoluta, reale e concreta che ci sta accadendo, ecco, questa è la consapevolezza che ci permette in modo naturale di non prestare attenzione al film.
Non possiamo obbligarci a non guardare il film, se crediamo che quella sia la nostra vita. Ma ci verrà spontaneo evitare di dargli importanza, quando ne riconosceremo la natura illusoria, arbitraria e momentanea.
La vera natura del pensiero
Non c’è il pulsante di spegnimento dei pensieri, c’è invece la possibilità di ritornare consapevoli (da bambini lo eravamo) che il pensiero che abbiamo in testa in un determinato momento è solo uno dei milioni possibili che potremmo avere ed è solo un pensiero creato da noi, quindi un’illusione che ha poco o niente a che fare con la realtà che ci circonda.
Tutto qui mi chiederete? Si tutto qui, diventare consapevoli, prendere coscienza di questo in modo profondo, vedere questo meccanismo in azione nella nostra vita e riconoscerlo è l’unica cosa che ci serve per liberarci dalla tirannia dei pensieri sgradevoli.
Oltre la comprensione intellettuale
Attenzione, non basta una consapevolezza intellettuale, non basta acquisire la nozione, è necessario che questa consapevolezza sia reale, profonda dentro di noi. Ci basta vederlo e rendercene conto con i proprio occhi e non solo per sentito dire. Ci serve comprenderlo, sperimentarlo, vederlo e non solo apprenderlo intellettualmente.
Ecco, questo è tutto.
Le sessioni di coaching orientate ai Tre Principi hanno come obiettivo quello di mostrarvi come funziona l’essere umano, il resto verrà da se come naturale e diretta conseguenza di questa consapevolezza.
Se vuoi provare anche tu, siamo a tua disposizione, contattaci: monica@rendilopossibile.it – simona@rendilopossibile.it
2 Comments
Gio
Bell’articolo ma non mi trovi affatto d’accordo su questo passaggio :”…Si perché il nostro problema non è il troppo pensare, siamo stati progettati per vivere la vita attraverso il nostro pensiero, quindi se spegnessimo i pensieri spegneremmo la vita…” credo invece che siamo molto più di pensieri e che riuscire a pensare meno ci possa aprire ad un mondo che neanche immaginiamo. Ma questo è il mio punto di vista, per il resto ancora complimenti!
Monica Fava
Caro Giorgio, grazie per il tuo commento. In effetti siamo molto, molto, molto più dei nostri pensieri, sono assolutamente d’accordo con te. Ciò che volevo dire, e purtroppo usare solo le parole per esprimere questi concetti è limitante, è che l’unico modo per renderci conto della vita è attraverso il pensiero, anche la percezione di energie come quelle emanate da persone o da cristalli ad esempio, piuttosto che altri stimoli più sottili, li possiamo in un certo senso vivere, ne possiamo fare esperienza, attraverso il pensiero, perché è quello il modo che abbiamo per mettere in contatto il nostro mondo spirituale e senza forma con il mondo materiale nel quale viviamo, quindi della forma.
Sydney Banks diceva che la nostra essenza, ciò che siamo realmente, si trova prima di ogni pensiero, ed è per quello che quando riusciamo a diradare i pensieri, abbiamo più possibilità di entrare in contatto diretto con quel mondo che neanche immaginiamo, proprio come dici tu.
Credo quindi che in un certo senso siamo d’accordo, purtroppo l’uso di parole e quindi di una forma per esprimere concetti di questo tipo è limitante e a volte fuorviante.
Grazie ancora!