
Come Superare un Momento di Malattia e Lutto
Argomento tosto questo. Soprattutto difficile da inquadrare in un Blog dove si parla di viaggi, libri e buone idee.
So che per qualcuno sarà complicato leggerlo e per altri sarà impossibile arrivare anche solo a metà.
Io prometto di condividere la mia esperienza sulla malattia e il lutto in maniera semplice e partendo dalla mia esperienza, senza arrancare troppo nelle astratte teorie.
Del superamento psicologico della malattia e del lutto se ne è scritto a pacchi. La letteratura medica su questo argomento è sterminata e anche l’altro giorno, mentre parlavo con una collega la cui mamma è malata di SLA con una diagnosi fresca, mi diceva che in questo momento è nella fase della negazione.
Io mi sono avvicinata alla sua faccia, l’ho guardata e le ho detto: “ma in che senso?” e lei mi risponde affaticata, che in questo momento sta negando l’avvenuta diagnosi. Io per rispetto me ne sono stata zitta, ho inghiottito il rospo e le ho offerto una spalla.
Ma in verità, volevo scuoterla. Avrei voluto dirle che questa fase della negazione è un’etichetta che qualcuno si è inventato per descrivere un’esperienza interiore di disagio, tensione e patimento.
Continuare a dirsi che si sta negando o rifiutando o accentando qualcosa è come volersi per forza inquadrare in un sistema di etichette rigide che nella mutevolezza dell’esperienza umana non esiste veramente.
E’ come ostinarsi a pascolare in un campo piccolo e soffocante mentre si ha tutta la collina per esplorare.
Ricevere una diagnosi pessima è una botta, lo so. Sapere che un tuo caro è sull’orlo tra la vita e la morte è sconfortante e fa tremare il terreno sotto i piedi. Qualcuno dice che ci vuole del tempo per digerire tutto questo, per ritornare lucidi, per accordarsi con quello che la vita ci offre in quel preciso momento. Io invece dico che ci vuole solo una comprensione. Quest’ultima può avvenire in un minuto o vent’anni. Ma se guardate in profondità non è mai il tempo a concederci ristoro, ma solo la nostra disponibilità interiore a mollare i motivi di disagio e tristezza.
Come superare un momento di malattia e di lutto
Qualche tempo fa era arrivata una mail dal Blog, di una persona che ci raccontava di come stesse soffrendo per la moglie che stava di nuovo manifestando dopo un periodo di benessere i segni di una malattia grave. Era una persona distrutta e io che mi sono trovata a rispondere ho impiegato un po’ a riflettere su cosa dire e in che modo.
Vi metto qua la mia risposta perché forse potrebbe essere utile per tutti:
Ciao,
grazie per averci scritto.
Ciò che porti alla nostra attenzione è qualcosa in cui tutti prima o dopo incappiamo: la perdita della salute di una persona che amiamo.
Potremmo dirti che ce la farete.
Potremmo dirti che supererai questo momento.
Potremmo dirti che se pensi positivo ne uscirai.
Ma se avessi davvero voluto sapere questo forse, ti sarebbe bastato un buon oroscopo.
Quello che possiamo dirti è che esiste la malattia e poi tutti i tuoi pensieri sulla malattia.
Tua moglie non sta bene e questo è un fatto.
Il resto è solo tanto ma tanto Pensiero, fatto di pluri opzioni, scenari negativi, aspettative disilluse e brutti ricordi.
Sperare nella sua guarigione è onorevole e ti capiamo, ma guardare in quella direzione in maniera esclusiva potrebbe farti mancare il terreno sotto i piedi.
Quello che ti invitiamo a fare è: permetterti una tregua dal logorio. Prendi una cosa alla volta. Esiste solo il prossimo passo.
Potrebbe sembrarti uno strano consiglio, eppure credimi, l’unica cosa di cui avete davvero bisogno è affrontare quest’esperienza a mente più sgombra possibile.
Io e Monica, ti auguriamo che tu possa abbassare tutto il brusio che stai sentendo adesso e che si crei lo spazio per una Saggezza infinitamente più intelligente.
Io non so se questa mia risposta ha permesso a questa persona di calmarsi e comprendere quello che volevo dire. Quel che so senza ombra di dubbio è che:
Esiste la malattia e poi esistono i nostri pensieri sulla malattia.
E tutto si riduce sempre alla stessa comprensione di cui parliamo in queste pagine da mesi. Vivere la vita, la malattia e la morte è un’esperienza interiore.
La perdita della salute è un fatto nel quale incappiamo perché viviamo in un corpo corruttibile e ha un impatto su di noi. Può farci cambiare abitudini, stile di vita, amicizie e aspirazioni.
Ma non può mai determinare il nostro grado di benessere interiore. Non lo può fare, semplicemente perché tutti noi sperimentiamo la vita solo attraverso il pensiero del momento. E se per attitudine naturale siamo inclini a indugiare il meno possibile nel disagio, siamo più predisposti a cogliere il nuovo che emerge.
Questo è il motivo per cui Zanardi, Bebe Vio, Veronica Plebani e anche il mio vicino di casa, sono riusciti ad andare oltre. E non lo hanno fatto a malincuore dicendosi: “va bé dai ora che sono uno storpio, un cieco e un cancro diagnosticato, accontentiamoci”.
Semplicemente si sono adattati nella più bell’accezione di questa parola.
Adattarsi, dice Darwin che mi ricordo dalla terza superiore, significa essere intelligenti. Significa in qualche misura continuare a vivere con ciò che c’è, senza indugiare con ciò che è stato o con ciò che potrebbe essere.
E questa caratteristica, come esseri umani non è un optional a pagamento ma fa parte della dotazione standard.
Perché il nuovo, come sapete emerge sempre. In qualsiasi situazione ci è sempre data la possibilità di poter creare nuove prospettive.
In definitiva è questo ciò che facciamo quando usciamo da un lutto: smettiamo di intrattenerci con la perdita e guardiamo di nuovo a ciò che c’è nel momento. Qualcuno ci mette meno, qualcun altro di più.
Ma per tutti è possibile emergere e creare un nuovo livello di vita. Anche quando tutto sembra nero, anche se la persona che amiamo ci manca ogni giorno tanto o quando la nostra malattia ci impedisce di essere come eravamo. In ogni caso, possiamo essere di nuovo una nuova versione di noi e stare bene.
In definitiva l’unica cosa che io ho visto essere importante per me, mentre la malattia si è insinuata nella mia vita e mi ha fatto tremare le ginocchia è la fede nella capacità di tutti gli esseri umani di farcela. Anche se la vita finisce le persone ce la fanno sempre.
Ringraziamenti:
Per la stesura di questo post, ringrazio la mia famiglia che mi ha concesso di crescere vicino alla malattia e alla morte con grande naturalezza. Stare nel fine vita di persone che ho amato tanto per me è stato un dono impagabile e inesprimibile.
Ringrazio anche tutte le storie di lutto e di malattia in cui mi sono imbattuta che mi hanno fatto pensare al grande mistero del trapasso, compreso il nostro lettore che ha innescato la scrittura. E per ultima, ma solo per una questione cronologica, ringrazio Mara la mia collega che in questo periodo mi sta facendo riflettere dal punto di vista etico sulle procedure mediche del fine vita.
Non so se questo articolo sulla malattia, il lutto e il dolore può essere d’aiuto, in ogni caso se mai aveste qualcosa da dire sull’argomento, qua sotto ci sono i commenti.