
Perché in amore ci stanchiamo del compagno?
Oggi con voi vorrei fare un esperimento, un gioco.
Di recente ho letto un libro Il basilico di palazzo Galletti di Giuseppina Torregrossa.
Il libro è ambientato a Palermo, in un’estate torrida in cui si raziona l’acqua; parla di un omicidio, una commissaria della squadra femminicidi alle prese con il suo fidanzato, alta cucina ed erotismo.
Ecco, il gioco consiste in questo: io vi cito alcuni brevi passaggi e voi, prima di leggere le mie riflessioni, potete divertirvi a vedere i Tre Principi in azione o il fraintendimento dell’esperienza umana e condividere i vostri pensieri con noi, nella sezione commenti, al fondo della pagina.
Lo scopo è quello di vedere sempre di più come funziona la nostra mente e come facciamo esperienza della realtà.
Si parte!
[LUI]
La verità è che pure il caviale dopo un po’ viene a noia” si consolò…
[LEI]
Persino mentre faceva l’amore, la solitudine diventava un gorgo che la risucchiava e le toglieva il respiro.
“Dov’è finito l’uomo saldo come acciaio che mi faceva vibrare per notti intere?” si chiese, rievocando la loro ultima deludente performance. Faceva fatica ad ammetterlo, ma Sasà non le piaceva più come all’inizio…
Riflessioni
Come avrete capito i due fidanzati fanno sesso, ma la cosa non entusiasma nessuno dei due. Entrambi attribuiscono la causa del loro mancato piacere all’altro, senza rendersi conto che in realtà ciò che è cambiato sono soprattutto i loro pensieri sulla relazione o sul partner.
Spessissimo nelle coppie si dice che dopo un po’ non ci sia più lo stesso sentimento dell’inizio e si scambiano i pensieri di novità e curiosità con il vero amore mentre i pensieri di consuetudine, di affetto che si sviluppano successivamente, come segnali che il sentimento d’amore stia scemando.
Vorrei fare una distinzione: la sensazione di vibrazione, trepidazione che ci riscalda all’inizio di un rapporto non ci sta dando notizie sulla qualità del nostro amore o della persona verso cui proviamo trepidazione, ci sta solo dicendo che il nostro pensiero di desiderio, attesa e speranza è particolarmente forte e intenso; mentre noi molto spesso scambiamo questa sensazione per il vero Amore e come una diretta conseguenze di qualcosa che l’altro ci fa.
Analogamente anche la mancanza di queste sensazioni e l’assenza di emozioni forti verso l’altra persona la scambiamo per una carenza dell’altro nei nostri confronti, quando invece è solo la mancanza di determinati pensieri nel nostro cervello.
Un esempio
Faccio un esempio banale ed estremo per chiarificare questo punto: se state per essere baciate da Brad Pitt o Kevin Kostner (ammesso che siano modelli di bellezza per voi) è naturale che sentiate un certo livello di trepidazione, ma se nello stesso momento una terribile tromba d’aria si stesse dirigendo verso di voi portando con se rami spezzati ed oggetti di ogni tipo, la vostra mente sarebbe impegnata a trovare un riparo piuttosto che a godersi il bacio di Brad. Ciò non vuol dire che non desiderate essere baciate, significa solo che la vostra mente sta pensando ad altro.
Nelle coppie capita spesso che uno dei due o ancor peggio entrambi si stia attraversando un momento difficile sul lavoro o con se stessi e quindi si sia distratti da mille pensieri anche mentre si sta insieme al proprio partner e di frequente si scambia questa distrazione per mancanza d’amore, attribuendone la causa al proprio compagno.
E poi cucinare la rilassava, dubbi e insoddisfazioni svanivano tra vapori e soffritti.
Che cosa rappresenta in realtà il cucinare? Un modo che la protagonista ha per rilassarsi.
Cosa succede quando ci si rilassa? Lo dice lei stessa: i dubbi e le insoddisfazioni svaniscono.
Ma che cosa succede in pratica?
Semplicemente si smette di pensare a ciò che ci faceva stare male, sentire sensazioni di insoddisfazione e si fa altro che ci fa nascere pensieri piacevoli, che noi sentiamo.
Se solo vedessimo che non è ciò che facciamo a creare in noi quelle sensazioni, ma i pensieri a cui prestiamo attenzione, probabilmente anche senza cucinare la protagonista potrebbe sentirsi rilassata.
Pensò a lui con un risentimento nuovo, colpa sua se non era felice. “Spetta a te cambiarlo” le aveva detto sua madre. Già, ma come si educa una pietra?
Il fatto di cambiare una persona che si ama è un mito antico. Non si può cambiare una persona se si pensa che sia sbagliata.
Di frequente crediamo che sia la persona a comportarsi in modo sbagliato e che quindi sia nostro compito farla cambiare, come se questo dipendesse da noi.
Tra l’altro cosa ci fa dire che quella persona è sbagliata? Perché è il suo pensiero ad essere fallato e non il nostro?
Se l’altro non si comporta come noi desideriamo è perché la sua realtà, il suo modo di pensare e percepire la vita è diverso dal nostro. Ogni essere umano fa il meglio che può con i pensieri che ha, cioè agisce nel mondo che ritiene più utile per sé in base a come lui vede e vive la realtà che lo circonda. Nessuno di noi vede e vive la realtà oggettiva, perché nessuno di noi ha la possibilità di vedere la realtà oggettiva senza filtri. Ognuno di noi vede e fa esperienza del proprio personale pensiero sulla realtà. Ognuno di noi vede la realtà attraverso il filtro del proprio pensiero, della propria educazione, della propria esperienza, del proprio stato fisico e mentale del momento e più pensieri abbiamo, più giudizi creiamo, più schemi disegniamo, più lontani saremo dalla realtà oggettiva.
Una persona può cambiare solo se è il suo pensiero a cambiare. Cambia se vede le cose in modo diverso da come le vedeva prima, cambia se la realtà che lui stesso ha creato attraverso il proprio pensiero cambia.
Un essere umano è disposto a vedere qualcosa di nuovo e a mettere in discussione una sua idea solo se si sente al sicuro nel farlo e solo nel caso in cui sia lui stesso a sentire questo desiderio. Non è giudicandolo che favoriremo quello stato mentale di apertura che gli sarà necessario per vedere qualcosa di nuovo e non possiamo essere noi a decidere in quale direzione lui debba cambiare.
Paradossalmente è nel momento in cui accettiamo veramente e incondizionatamente un essere umano per ciò che è, che favoriremo uno stato di apertura verso il cambiamento.
“La realtà oggettiva non conta niente, vale solo la personale interpretazione del dato”…
Ecco riassunto in questo barlume di lucidità della protagonista, il vero nocciolo di tutte le questioni nella divergenza di opinioni.
“Senti” la sorella la strattonò per un braccio, “sei distratta dai tuoi problemi, per quello non ne vieni a capo. Passa domani a casa di mamma, stare un po’ in famiglia ti farà bene”.
“Grazie, non posso. Questo è il mio primo caso in qualità di responsabile del gruppo antifemminicidio, ho bisogno di concentrarmi sulle indagini”, poi le indicò la porta con risolutezza: “Ora te ne devi andare”.
La saggezza popolare ha spesso un fondo di verità. La sorella della protagonista ha colto il punto. Marò (la protagonista) non riesce ad avere intuizioni sul caso che sta seguendo perché troppo presa da tanti pensieri sia sul caso che sulla sua vita personale.
Prendere molto sul personale le questioni ci toglie lucidità e spesso ostacola la nostra capacità di avere intuizioni. Ciò che la sorella non sa però, è che non è dando consigli che per noi sono sensati, che aiutiamo più facilmente gli altri, dato che la maggior parte delle volte, i consigli che diamo sono perfettamente adatti a noi, ma non a chi li stiamo dando. Infatti, anche in questo caso, il risultato ottenuto è un secco rifiuto.
Questo è un classico comportamento che abbiamo visto accadere anche in altri contesti, soprattutto lavorativi, come descritto nell’articolo del dott. Rossi.
La trappola
La trappola sta nel credere che possiamo risolvere meglio un problema se pensiamo intensamente e razionalmente alla soluzione e non abbiamo fiducia nella nostra capacità intuitiva che viene favorita da una mente quieta e rilassata. Il solo sapere qual è lo stato mentale più favorevole alle intuizioni ci mette in condizioni di recuperare quello stato più facilmente e con naturalezza senza bisogno di ricorrere a tecniche o espedienti.
Che te ne pare? Ricordati che a noi i tuoi commenti interessano un sacco e hai tutto lo spazio che vuoi per scrivere qui sotto.
Con poche citazioni sparse abbiamo toccato tre dei punti salienti che possono essere visti sotto una luce nuova grazie alla comprensione dei principi:
→ Le sensazioni sono sempre e solo il risultato nel nostro pensiero e non ci dicono nulla sulla realtà circostante, ma ci indicano solo quanto sia affidabile o meno il nostro pensiero in un determinato momento.
→ Una mente quieta è lo stato più favorevole per permetterci di avere nuove intuizioni.
→ Ogni essere umano vive, sente e agisce in base alla propria esperienza soggettiva della realtà e non alla realtà oggettiva. Gli esseri umani vivono nella propria realtà separata; il riconoscere questo in sé e negli altri, ci permette di essere più comprensivi, compassionevoli e ci aiuta ad entrare in relazione profonda con l’altro.
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