
Ogni Lite è Come Combattere Contro i Mulini a Vento
La prima crisi di ansia sul lavoro non si scorda mai.
Questa è la storia della mia prima crisi di panico sul lavoro, che fino al giorno prima pensavo essere perfetto. Parlerò di ansia, conflitto e inadeguatezza ma anche di sollievo, Saggezza Innata e Pensiero.
Magari non sempre in quest’ordine e non esplicitamente ma leggere tra le righe, potrebbe essere una capacità apprezzata.
La storia della mia beatitudine prima della mia crisi d’ansia
Da due mesi ho iniziato una nuova collaborazione professionale. Una roba che aspettavo da ennemila anni e che mi piace tantissimo. Ho vissuto due mesi in estasi contemplando la perfezione intorno a me: i colleghi che sono uno spettacolo, le persone a cui riporto e che stanno supervisionando il mio lavoro che io boh, non ho incontrato mai in vita mia: generosi, rispettosi, aperti e collaborativi. L’ufficio che è bellissimo e i miei compagni di stanza, che davvero faccio fatica a trovarne i lati negativi. Persone speciali, lavoro bellissimissimo e ambiente incredibile. Sono stata incantata anche dagli orari del treno per dire, che sono perfetti. Oltreché del fatto che ogni giorno ho la possibilità di rischiararmi le idee attraverso una piacevole passeggiata tra il centro di questa piacevole cittadina.
Il phon nella testa
E’ stato tutto perfetto fino a l’altro giorno. Ma io me l’aspettavo. Lo sapevo che sarebbe tornato a farmi visita questo noiosissimo brusio, quello che la testa sembra infestata da formiche, calabroni, ed elicotteri.
Arriva esattamente così, un phon nella testa e la sensazione di affanno, come se stessi annegando del tipo “e il naufragar m’è dolce in questo mare” che dolce non è per niente. Piuttosto è una morsa continua allo stomaco. E quando sei in quello stato, sembra davvero urgente fare qualcosa, rispondere e chiarire la tua posizione, dire le tue ragioni perché diamine, senti di essere nella ragione.
Uno potrebbe dire che siano state le circostanze a farmi sentire così: una giornata di malintesi con il mio principale cliente.
Non sto ad entrare nello specifico perché non serve. Vi dico solo che avrei dovuto fare due azioni abbastanza importanti e prioritarie e non sono riuscita a farne nemmeno una perché ho avuto uno scambio fitto di mail in cui non ne ho azzeccata una. Ma davvero.
Sarebbe facile ora dare la colpa a questa persona: in fondo io ho cercato di fare il meglio. Ma non siamo a scuola. Non esiste colpa, non esiste merito. Nessuno ci dà un voto e io non voglio entrare in uno stupido gioco di potere e mansionari.
So solo che per un pomeriggio me la sono presa. Ho iniziato a pensare che me lo facesse a posta, che volesse in qualche modo attestare la sua superiorità e che semplicemente volesse rimarcare il mio fallo.
Cosa che è possibile.
Intuizioni
Ma sapete che c’è? Io stamattina mi sono svegliata con un’idea:
E se lui, perché di un cliente si tratta, non avesse compreso le mie intenzioni e il mio modo di lavorare?
Se lui, che lavora dall’altra parte della città, avesse consolidato negli anni un metodo di lavoro e io che sono arrivata da un paio di mesi, avessi portato disordine al suo mondo?
Magari è solo in una posizione in cui non vede chiaramente e preso dalla velocità mi ha messo un’etichetta addosso.
So solo che non voglio stare sul chi va là e voglio agire sempre con la testa sgombra.
Dunque sono giunta a qualche conclusione:
1. Lui molto probabilmente non si fida di me solo perché non mi conosce. Se io fossi stata messa nella sua squadra, o lo incontrassi in un altro contesto molto probabilmente sarebbe carino e affabile. Solo che in questo frangente si comporta da duro.
Ma tutti gli esseri umani sono uguali e io so che se fa il duro è solo perché la sua qualità di pensiero è bassa.
Quando le persone si sentono in difficoltà e minacciate sparano sempre su un bersaglio facile e io lo sono.
Sono nuova, conosco poco il lavoro e faccio parte di un’azienda differente dalla sua. Ho tutti i requisiti per essere una facile preda.
2. Io me la sono presa, solo perché ho pensato che qualcuno mettesse in discussione il mio valore. E avrei voluto alzare la voce per difendermi e dire la mia. Cosa che fortunatamente non ho fatto.
3. Tutte le persone rispondono alla gentilezza e alla disponibilità con altrettanta gentilezza e disponibilità. Quindi l’altro giorno, un’oretta prima di uscire da lavoro mi sono presa cinque minuti e dopo l’ennesima mail, gli ho scritto che ce la stavo mettendo tutta e che il mio scopo era quello di offrire apertura e disponibilità. Da quel momento è caduto il silenzio. Cosa che spero sia un effetto positivo nel mettersi a nudo e offrire la mano per prima. Se così non fosse, fatemi sapere se conoscete qualcuno a cui serve uno specialista della formazione.
Se io avessi continuato a sentirmi in ansia o vivessi i giorni futuri con la sensazione di una lotta imminente sarebbe un gigantesco e inutile sforzo che a lungo a andare mi consumerebbe.
Perché covare una battaglia interiore verso questa persona, sarebbe come vivere all’interno di un incubo attraverso cui leggerei ogni sua azione e da cui farei partire ogni mia azione.
E non credo che il senso di vendetta sul lavoro sia qualcosa per cui spendersi, onestamente.
Storia della mia beatitudine dopo la mia crisi d’ansia
Dunque ho deciso: lascerò la lotta contro i mulini a vento a qualcun altro, io mi prenderò solo il mio angolo di paradiso in cui stare di buon umore tra la gente.
Da quello stato mentale poi, saprò dire le cose giuste al momento giusto e se neanche questo servirà a rabbonirla, per lo meno avrò vissuto con gioia i prossimi due anni.
Quello che lui pensa non ha niente a che vedere con me o con i miei errori. Quello che lui pensa e come si sente ha a che vedere solo con la qualità del suo pensiero e su quella, capiamoci, neanche l’Onnipotente ci può mettere mano, figurarsi io.
Che poi alla fine, questa cosa del libero arbitrio, non è la cosa più stupefacente che abbiamo in dono?