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Business Illuminato

Stress da Lavoro Correlato?

A chi mai verrebbe in mente di autodistruggersi se sapesse veramente da dove arriva lo stress?

Le notizie dal web sono assolutamente poco confortanti: lo stress da lavoro sembra essere correlato a tutta una serie di disturbi fisici e psicologici che il nostro sistema sanitario non può più ignorare e non solo qui in Italia ma anche nel resto del mondo.

Non avete neanche idea quanto le parole depressione, ansia o sintomi d’ansia siano ricercate ogni mese su Google e affini. Credetemi i dati sono impressionanti.

E sono anche certa che nella tua cerchia, ci sia qualcuno che mostra segni di insofferenza ogni volta che la conversazione cade sul lavoro.

O forse è accaduto proprio a te di perdere il sonno a causa di ciò che accadeva in ufficio. E con esso se n’è andato anche la salute, l’intraprendenza sociale e tutto il sano equilibrio che c’era.

Dalla ricerca pubblicata nel 2014 dall’European Risk Observatory sembrerebbe che un lavoratore stressato che mostra i sintomi d’ansia o di depressione costi un bel pacco di soldi all’azienda. E scusate se entro così a gamba tesa in tema non troppo metafisico ma sappiate che in questa pubblicazione chiamata “calculating the cost of work – related stress and psychosocial risks” hanno pubblicato dati sconvolgenti, almeno secondo me.

Una fra tutte, e occhio che il dato è del 2007, il costo medio di un dipendente che manifesta i sintomi della depressione, ansia o panico ammonta a 1.035 euro all’anno. Di questo valore, solo una parte è destinato alla cura della persona perché il resto è composto dal calcolo dell’assenza di produttività e dello sforzo supplementare dell’azienda per coprire quella funzione.

Ma alcune aziende fortunatamente, si sono svegliate e hanno dato vita a delle politiche di incentivazione del benessere veramente interessanti senza aspettare che le persone sia travolte dal malessere.

Cose che qui in Italia sembrano fantascienza in UK, sono una realtà.

E allora leggetevi la pubblicazione Healty people = Healty Profits  una piccola ricerca dove si mette in risalto alcune pratiche vincenti.

Di tutte, io prediligo la linea innovativa di Google e so di essere in buona compagnia. Le politiche di incentivazione di quest’azienda sono talmente tanto avanzate, da sembrare quasi utopistiche. Ma dice che siano proprio vere.

Anzitutto hanno tutti una bella assicurazione sulla vita, grazie alla quale la famiglia del dipendente, in caso di decesso, riceverà lo stipendio finché i figli non raggiungono la maturità. Poi hanno un sistema di lavoro che avanza per obiettivi e piccoli gruppi. Una volta raggiunti, il gruppo si scioglie e le persone vengono affidate ad altri compiti.

In ufficio c’è la palestra, si mangia cibo buono e sano e attenzione, attenzione viene incentivato il km 0. Vuol dire che un dipendente, è sollecitato a recarsi a lavoro nella sede più vicina a casa e se sei green, cioè vai in bici prendi un bonus.

Ma non parliamo poi del coaching che ormai è una pratica comune, diffusa e trasversale, dal management agli ultimi ingressi. E poi l’Università interna che propone corsi e semestri riconosciuti, la cui partecipazione è gratuita. Ma se le cose proposte non sono di tuo gradimento, no problem, l’azienda si fa carico della tua formazione in qualsiasi altro istituto di formazione.

Cosa hanno visto loro che noi non riusciamo a vedere?

 

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Credo che loro abbiano visto soprattutto il valore del benessere della persona all’interno del ciclo produttivo. Eh già che novità.

Apparentemente lo sappiamo anche qui: le persone sono la prima risorsa  dell’azienda.

In teoria, perché poi in pratica non credo  sia stato davvero riconosciuto l’impatto e le conseguenze che lo stato mentale ha sulla produttività aziendale.

Negli ultimi anni, grazie soprattutto ai progetti di incentivazione delle politiche sociali europee, la formazione aziendale ha avuto un boom importante. Non ho con me i dati, ma posso dire che la sola comunità europea nella programmazione 2014 – 2020 ha messo a budget molti ma molti soldi, così anche in quella precedente.

Ma la domanda è: dove abbiamo puntato l’attenzione fino ad ora?

Te lo dico io: agli effetti.

Qualcuno pretenderebbe di trovare nella formazione la risoluzione di tutti i problemi dell’azienda e carico di speranza invia i suoi collaboratori al corso sperando di produrre un cambiamento radicale e duraturo nel tempo.

Quando però i dipendenti arrivano in aula, spesso sono ignari e non hanno le idee chiare rispetto al loro ruolo in quel contesto.

– Perché queste cose le dite a noi e non hai piani alti?

– Da domani tornerà tutto uguale in quest’ufficio

– Questa è tutta teoria, perché poi nella pratica non funziona

Queste sono le tre obiezioni chiave che sono abituata a sentire giorno dopo giorno.

Più basso è il livello culturale e più dubbio c’è, maggiore il livello culturale  e più le persone credono di sapere.

In entrambi i casi è difficile, credimi, soprattutto quando ti affidano un solo modulo da 8 ore, sperando nel miracolo.

Per questo quando ho letto che Google, ha un coach professionista in organico e qualsiasi persona, può prendersi un’ora alla settimana per fare il punto della situazione professionale e personale, ho capito che aveva fatto centro.

Il lavoro da fare non è tanto sulla comunicazione efficace che è un effetto, quanto piuttosto sulla causa che genera l’inefficacia. Credo che se risolvessimo i problemi a monte, ovvero dove le decisioni prendono forma forse non avremmo più bisogno di corsi per fare gruppo o per stimolare l’empatia.

Dunque di che cosa hanno bisogno le persone?

I dipendenti, il management e la dirigenza hanno bisogno di sapere che le persone felici, non solo creano un clima migliore nel luogo dove passano la giornata, ma producono il 12% in più di una persona mediamente infelice.

E non ho sparato un dato a caso: leggetevi pure la ricerca dell’Università di Warwick del 2014, così vi farete un’idea di quel che dico:

 

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Lasciamo stare per un attimo le procedure e i processi. So che in un’organizzazione complessa occorrono delle regolamentazioni per far fronte ai flussi d’informazione, ai carichi di lavoro e a tante altre cose che concorrono a formare il fatturato aziendale.

Migliaia e migliaia di competenze servono per raggiungere un singolo risultato. Ma per il momento mettiamo da una parte la struttura e concentriamoci solo sulla base: le persone.

Tutte le persone nel profondo sono uguali diceva Jane Tucker e io voglio partire proprio da questa premessa.

Come pensano le persone? Come decidono? Come fanno a comportarsi nel modo esatto in cui si comportano? Come creano e come distruggono?

La risposta sta tutta all’interno di una comprensione. Coinvolgere le persone in argomenti legati a come pensiamo a chi crea l’esperienza e come vengono prese le decisioni tutt’ora mi risulta il miglior investimento che un’azienda possa fare per rinnovarsi e creare valore oltreché fatturato.

Io un’idea ce l’ho avuta, se sei interessato, leggi qua.

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