
Un Libro Sorprendente: Accabadora
C’è una cosa su cui io e Michela Murgia siamo assolutamente d’accordo: gli happy ending sono di gran lunga sopravvalutati.
Sono arrivata ad Accabadora in un modo interessante. Ogni tanto mi capita che dopo tante letture poco azzeccate, mi metta in pausa e aspetti che un libro mi chiami. Lo fa in modi diversi: a volte è un incipit su un recensione, una foto sui social, la copertina in libreria.
Questa volta la mia amica Silvia, mi chiama e mi dice: “Leggi Accabadora di Michela Murgia!”
Mi è bastato ascoltare il titolo, l’imperativo e tempo 3 secondi l’ho comprato.
Ma c’è anche un’altra cosa interessante che ho messo insieme solo alla fine della lettura. L’autrice Michela Murgia, ha scritto anche Il mondo deve sapere che ha ispirato una dei miei film preferiti degli ultimi anni: “Tutta la vita davanti!” di Virzì.
So che sono arrivata un po’ in ritardo, visto che Il mondo deve sapere del 2006 e Tutta la vita davanti del 2008 e Accabadora è del 2009 però che ci volete fare io ho i miei tempi.
di Michela Murgia
Editore: Einaudi 2014 • Formato: cartaceo ed ebook • Prezzo: 10,20 – 7,99 • Pagine: 166 • Data pubblicazione: Maggio 2009
TRAMA: Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come “l’ultima”. Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. “Tutt’a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili’e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia”. Eppure c’è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c’è un’aura misteriosa che l’accompagna, insieme a quell’ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell’accabadora, l’ultima madre.
Cosa sono le cose che mi piacciono da impazzire di questo libro?
Prima di tutto c’è da dire che è scritto da Dio. Cioè Michela, davvero complimenti perché non è così facile trovare un libro scritto così bene.
E’ fine, delicato e talmente tanto prezioso, che l’ho sorseggiato come un vino d’annata di quelli che apri per le grandi occasioni. La tentazione era di leggerlo tutto d’un fiato ma così non avrei potuto godermi lo stile, le sfumature e la lingua italiana che miseriaccia è stata mixata divinamente.
Poi viene la storia che è bella bella. Molto vicina a quella de l’Arminuta anche se profondamente diversa. Sarà che ho un debole per le storie in cui non c’è un Happy ending ammericano (refuso voluto e azzeccato) che me ne innamoro subito, prepotentemente.
Ho adorato da subito la figura della vecchia Accabadora, soggetto silenzioso, benevolo che mi ricorda tanto mia nonna. Una donna del sud degli anni ’50, con poca cultura ma totalmente decisa a dare un futuro migliore alla sua figlia d’anima.
Nel libro si parla di morte, malattia ma anche libertà e amore. Quell’amore bello che ti fa crescere, lasciare i tuoi confini per esplorare l’ignoto, per poi tornare a casa e concepire di nuovo ciò che è stato in un modo totalmente diverso.
E poi mi piace leggere di come due generazioni diverse guardano il mondo: i giovani con la loro prepotenza di sapere come vanno le cose e pretendere che la vita assecondi i loro standard. Gli anziani che fanno di tutto per metterci del buon senso e andare avanti.
Non pensiate che sia un libro triste perché non è dotato di lieto fine. Non lo è. Io la trovo una storia possibile per tutti noi. Magari non tutti hanno avuto un’Accabadora in famiglia ma sono certa ognuno di noi ad un certo punto ha dovuto prendere le distanze da alcuni aspetti della propria famiglia.
Poi magari qualcuno ci ha pure fatto pace e altri invece proprio no.
Leggetelo con calma, senza affanno che la Murgia secondo me in questo libro ha superato se stessa.