
Mettere Attenzione nei Compiti a Casa
Dopo che Monica ha pubblicato l’articolo sui compiti a casa, una nostra amica Neuropsichiatra Angela Scarano ha condiviso con noi la mail che una sua conoscente le ha inviato sull’argomento compiti, attenzione e gioco spontaneo.
Tutti argomenti abbastanza caldi per chi ha figli in età scolare e visto che ci era piaciuta la conversazione che ne è nata, le abbiamo chiesto di scrivere le sue idee per poterle mettere a disposizione di tutti.
La Dottoressa Scarano lavora a Reggio Emilia e si occupa prevalentemente di ragazzi con bisogni educativi speciali, disturbi di apprendimento e in generale di disturbi del neurosviluppo; inoltre supervisiona alcuni team di educatori che lavorano negli stessi ambiti.
Quante e quali cose potrei dire alla mia amica su questo tema?
Come Neuropsichiatra Infantile mi trovo spesso davanti a quesiti di questo tipo. Ho però la persona davanti a me. Posso fare domande, capire meglio, farmi descrivere condizione esterne e sensazioni. Posso anche collocare meglio l’episodio, per esempio: Quando avviene il calo di attenzione, dopo un’ora di compiti oppure appena iniziato? Oppure: Cosa vuol dire esattamente per te genitore ‘interrompere un viaggio interiore’? Pensi di avere il potere di farlo o la colpa?
Forse però la mia amica vuole sentire una “narrazione” di ciò che di solito si verifica, avere un’idea di cosa passa per la testa di chi lavora tutti i giorni con bambini e ragazzi e genitori, per provare a capire meglio cosa fare, se c’è qualcosa da fare, per capire meglio cosa passa nella testa del proprio ragazzo e anche per chiarirsi le idee sul proprio ruolo e sui propri pensieri e atteggiamenti in merito.
Torniamo alla scena del bimbo che si ferma a inseguire i propri pensieri, interrompendo lo studio e allungando i tempi di svolgimento dei compiti prima di giocare.
Solitamente un impegno piacevole prestabilito, che attende il bambino dopo lo svolgimento dei compiti a casa, serve da “carotina” per stimolare la corsa. Quindi ottima motivazione.
Sappiamo che la motivazione è uno dei fattori importanti per sostenere il focus attentivo di adulti e piccini.
Ma non è sufficiente. Serve anche un buono stato d’animo ed immagino che anche in questo caso,la madre premurosa abbia provato a favorire una atmosfera tranquilla e accogliente perché il bambino iniziasse a lavorare con la mente rilassata. Sappiamo infatti che partire con pensieri di noia, di scarsa voglia a studiare, di litigio magari per altri motivi, di contrattazione su altre “voglie” del bambino in quel momento, renderebbero di per sé l’inizio faticoso, richiedendo l’entrata in gioco della cosiddetta forza di volontà, di per sé costruita per avere un tempo e una potenza limitata nel tempo, soprattutto in uno stato d’animo meno che buono.
Ammettiamo dunque che siamo fortunati e si cominci in modo tranquillo.
Neppure questo però è sufficiente a evitare la possibilità che avvenga il distacco dell’attenzione o il vagare dei pensieri.
Infatti la nostra natura di Pensatori funziona come quella delle onde del mare. Le onde non possono smettere; possono cambiare di intensità, frequenza, ma non interrompersi. A volte se guardate la battigia, vedete che cambia improvvisamente il ritmo con cui arrivano una serie di onde tutte uguali tra loro e diverse dalla serie precedente. Sembra che nella mente umana ci siano delle serie di onde in effetti, che portano energia e contenuti di pensiero che, allo stesso modo, mentre siamo impegnati in altre attività di pensiero, arrivano e interferiscono con ciò di cui ci stiamo occupando. Se trasportano pensieri irrilevanti che poco hanno a che vedere con cosa stiamo facendo, solitamente li lasciamo scorrere senza porvi attenzione e senza lasciare che l’interferenza sia effettiva. E’ più probabile correre dietro ai nostri pensieri abituali. Esistono inoltre dei tempi “naturali” in cui queste onde arrivano in ogni caso. Tempi che cambiano da persona a persona.
Tutto questo per dire che è naturale che arrivino pensieri “divaganti”. Quello che cambia, in noi e nei nostri bambini, è se li seguiamo e se li facciamo prevalere sul tema dei compiti, sulla motivazione e sul buono stato d’animo.
Esistono trucchetti perché abbiano meno “presa”?
1. Sembra sia meglio se i compiti siano costruiti in modo da essere difficilmente svolti “in automatico” Questo dipende un po’ da chi li assegna e qui potremmo aprire il capitolo sui compiti scolastici. Ma è più utile secondo me vederla in modo da insegnare al ragazzino a riconoscere i compiti “noiosi” che vanno più facilmente in automatico e alternarli ad altri più interessanti; fare pause brevi tra una serie di esercizi e gli altri, brevi e non troppo distanti dall’attività cognitiva, cioè tenendo sempre un po’ di allerta cognitivo. (giochini tipo memory, carte, eccetera). Utilissimo insegnare ai bambini, sin da piccoli, a riconoscersi mentre si “perdono” e provare a costruire insieme le soluzioni (l’equivalente della acqua fresca in faccia per chi è assonnato).
2. Sapere come funziona la faccenda. Senza spaventarsi, né spaventare i bambini sul fatto di distrarsi è una cosa terribile e perderà tempo per non rovinare la componente: buono stato d’animo, che è molto potente nell’impedire ai pensieri di preoccupazione o ai “sogni ad occhi aperti” di avere presa.
3. Non scambiare la motivazione per un pensiero utile da seguire se arriva con l’ondata. Dirlo prima..con calma: i compiti sono un dovere e vanno fatti, siamo molto fortunati ad avere un buon motivo per finirli in fretta, tipo giocare con l’amichetto. Ma anche finirli nel tempo giusto è molto meglio, se sono difficili o noiosi.
Ringrazio molto la mia amica per questa domanda.
In generale infatti questo tema è un buon esempio per fare, noi stessi e soprattutto i bambini, esercizio di verifica su come lavora il principio di Pensiero nella nostra esperienza.
Ora lo stiamo guardando nella prospettiva di come sia possibile accettarne il funzionamento e conoscere le conseguenze pratiche in particolare sull’attenzione.
Allo stesso tempo si apre l’idea della possibilità che tra i pensieri che ipoteticamente interferiscono con ciò che stiamo facendo, ci siano pensieri direttamente connessi con una nuova comprensione, magari proprio di ciò che stiamo studiando, oppure di qualcosa su cui “meditiamo” da tempo e su cui cerchiamo un’idea. È bello sapere che quel tipo di “realizzazioni” sono complete, non distraenti, non transitorie. Se non le puoi seguire in quell’istante, perché dai precedenza al “dovere” del momento, torneranno a trovarti, basta un appunto, un segno sul quaderno un attimo per fissarlo nella mente e tornarci. Di solito si accompagnano a sensazioni non di urgenza o di fretta, ma di calma e consapevolezza, tanto più perché arrivano da un luogo di mente Chiara e Saggezza. Utile sarà pian piano insegnare ai ragazzi a riconoscerli.
Da qui ci colleghiamo direttamente al quesito del genitore che pensa di avere sempre tutte le colpe e le responsabilità di fare o non fare una cosa, secondo la mentalità corrente. Cioè, tornando alla domanda che porgerei alla mamma: “Cosa vuol dire esattamente per te genitore ‘interrompere un viaggio interiore’? Pensi di avere il potere di farlo o la colpa?”
Sempre partendo da uno stato d’animo di calma e tranquillità, in questa esplorazione di come funzionano le cose umane e partendo dal dato di fatto che i compiti sono da fare e in maniera utile e che non intralcino i programmi di gioco, il genitore che cerchi di ricordare che è necessario riprendere il filo dello studio, non priva il suo bambino di nulla, secondo me. L’intuizione creativa, il viaggio interiore di ciascuno è perfetto e senza fine e non sarà nessun maestro o genitore a rovinarlo. Inoltre..partendo da una buona sensazione, tenendo sotto occhio per prima cosa il proprio stato mentale, il genitore saprà anche quando e come NON sarà utile sostituirsi al bambino nella consapevolezza di aver perso il filo. Infatti se ci sostituiamo sempre a loro, faranno fatica a conoscere dall’interno quel meccanismo meraviglioso che dovranno utilizzare per autoregolarsi e affrontare l’incontro inevitabile tra la nostra mente e le richieste esterne nella maniera più autonoma ed efficace possibile.
Spero di esserti stata utile, cara mamma e spero che mi farai altre belle domande per continuare a crescere insieme.
